6 - 10 settembre 2006
Gustare, in genere esercitare il senso del gusto, riceverne l´impressione, anco senza deliberato volere, o senza riflessione poi. L´assaggio si fa fin più determinante a fin di gustare e a di saper quel che si gusta; o almeno denota che dell´impressione abbiamo un sentimento riflesso, un´idea, un principio di esperienza. Quindi è che sapio, ai Latini, valeva in traslato sentir rettamente: e quindi il senso dell´italiano sapere, che da sé vale dottrina retta, e il prevalere della sapienza sopra la scienza Niccolò Tommaseo, Dizionario dei sinonimi Già Italo Calvino decise di porre in ex-ergo ad un suo racconto, emblematicamente intitolato Sapore Sapere, questa definizione: saper assaporare come grado supremo di conoscenza delle cose, capacità di discernimento e dottrina. Del resto la cucina è sempre stato un sapere, un sapere "mobile": nel tardo medioevo e nel rinascimento i mercanti non scambiavano solo merci e denaro, ma anche e soprattutto mode, usi e costumi anche culinari. Conoscere un territorio, significa dunque assaporarlo, percepire ciò che di genuino è cresciuto generosamente dalla terra e dal lavoro dei suoi abitanti, oppure distinguere le contaminazioni che lì sono arrivate da lontano. Da oltralpe, insieme ai conquistatori Longobardi, si pensa che sia arrivata la tradizione di conservare le carni di maiale: nel Pavese il clima favorevolissimo e le attitudini degli abitanti, hanno consentito di creare il salame di Varzi, attestato già dal XII secolo sulla tavola dei Marchesi Malaspina e ottenuto da un impasto di carni suine pregiate, aromatizzato con sale, pepe nero e un infuso di aglio nel vino rosso, Oppure il salame d´oca, la cui tradizione affonda le radici nel XV secolo, ed inventato dalla Comunità ebraica Pavese per poter gustare salame senza contravvenire al divieto di mangiare carne maiale. La coltura che maggiormente caratterizza il paesaggio è quella del riso: in aprile, avvenuto l´allagamento delle risaie, la pianura di Lomellina e del Pavese appare come un interminabile specchio d´acqua. E´ un paesaggio geometricamente disegnato dall´acqua e sfruttato sin dal XV secolo. L´introduzione di questa coltura, che, con gli oltre 13.000 quintali prodotti annualmente, porta l´Italia al primo posto tra i produttori europei, si deve a Gian Galeazzo Visconti. Divenuto la base dell´alimentazione dei contadini, che lo preparavano a risotto con tutto quello che di commestibile disponevano e persino nella panificazione (pan risin o pan risei) quando scarseggiava la farina di grano, ancora oggi il riso è alimento molto duttile e vanta di ricette antiche, tra le più radicate nel territorio. L´acqua delle risaie rappresenta l´habitat ideale per le rane che, facilmente reperibile per buona parte dell´anno, ha rappresentato un ottimo alimento. Ricche di proteine, ferro, pressoché prive di grassi, fin dall´antichità alle rane sono state attribuite proprietà altamente nutritive e medicamentose. Oggi, sono diventate decisamente più rare, costose e da gustarsi principalmente al ristorante. Le risaie, dunque, sono il suo regno che, soprattutto in passato, condivideva, come il posto sulla tavola, con pesci di acqua dolce. Le carpe Lo stesso era per il pesce gatto, bruttissimo nell´aspetto ma buono nel piatto. Nel Ticino, nel Po, si trovavano anguille, trote anche nella versione salmonata, tinche, il rinomato pesce persico, cavedani, lucci. Ancora oggi è possibile degustarli nelle osterie lungo i fiumi, dalla primavera all´autunno. Un capitolo a parte meritano i gamberi d´acqua dolce: prelibati, di gusto raffinato, un tempo numerosissimi, rischiano l´estinzione ed è veramente molto difficile trovarli. Una curiosità è rappresentata dalla larga tradizione della Provincia di Pavia che vede l´impiego del pesce marino conservato. E´ dovuta al passaggio degli acciugai della piemontese Valle Maira sulla via del sale. Voghera era uno dei mercati più importanti dell´Italia Settentrionale del merluzzo secco salato. Aringhe e sardine sotto sale, sono diventate tassello della cucina locale. Sin dai tempi di Plinio il Vecchio e di Strabone, l´Oltrepo pavese era citato per la presenza di una viticoltura significativa. Vitigni tradizionali quali Barbera, Cortese, Croatina, Dolcetto, Freisa, Malvasia, Moscato, Pinot Nero, Riesling e Uva Rara, ben si confrontano con i forestieri introdotti come Merlot, Cabernet Sauvignon e Syrah. Più di 20 sono le DOC rappresentate come "Oltrepo Pavese". Oltrepo, comunque, è sempre stato sinonimo di Bonarda, ottenuto con Croatina: vino che la tradizione ha voluto mosso e leggero, oggi, grazie alle nuove tecniche di affinamento e invecchiamento, è eletto a vino che può essere "importante". Prodotto in tutto il comprensorio oltre padano è l´Oltrepo Pavese Rosso, ottenuto assemblando nelle giuste dosi prefissate uve Barbera e Croatina, a cui è assimilabile, per tipologia, il Buttafuoco, vino simbolo di una zona ristretta. Altra DOC,importante per qualità e quantitativi (è il vitigno più coltivato in Oltrepo) è il Barbera, ottenuto dalla vinificazione dell´omonima uva. Tra i rossi, da menzionare e degustare, vi è anche il Cabernet Sauvignon, complesso soprattutto nella versione affinata in piccole botti. Di grande eleganza il Pinot Nero vinificato in rosso, sul quale il territorio sta puntando decisamente. Gradevole e dolce è il Sangue di Giuda. L´Oltrepo Pavese è, tra l´altro, la maggiore realtà italiana di produzione del Pinot Nero da vinificare in bianco, utilizzato poi come base per ottimi spumanti. Molti i DOC bianchi firmati Oltrepo Pavese. Il tradizionale Cortese o il Riesling Italico, il Pinot Grigio, ma anche il Sauvignon e Chardonnay. I due vitigni a bacca bianca più datati per la zona sono i dolcissimi Malvasia, e Moscato che compie, nella versione dolce, la magia di farci ritornare tutti un po´ bambini; La tradizione casearia, nella provincia di Pavia, è antica. Ottenuto dagli alpeggi in Oltrepo o dalle stalle in pianura, il formaggio ha rappresentato, per secoli, un mezzo di sostentamento sicuro per le famiglie contadine Nelle zone di alta collina, dove il territorio è habitat naturale per bestiame da latte, rimanda al Nisso di Menconico, formaggio "che salta" o "che brucia", prodotto con sapiente mescolanza di latte vaccino e di pecora, sottoposto a lunga stagionatura, alla Siras (ricotta di pecora avvolta in tela che le conferisce la tipica forma a cono), e alle Molane (nota la Molana del Brallo), ottime formaggette montane, dolcissime se consumate fresche appena prodotte, più saporite se stagionate, tanto da essere suggerite grattugiate su polenta o per condire focacce. Scendendo a valle, nel pavese, aumentano le dimensioni delle forme e delle realtà produttive. Le DOP tutelano il Grana Padano, formaggio semigrasso, a pasta dura cotta e a lenta stagionatura. La pasta compatta, finemente granulosa, e le tecniche produttive sono simili a quelle del Parmigiano Reggiano dal quale si distingue per l´area di produzione e per la durata media di stagionatura, generalmente inferiore. Altro tipico formaggio lombardo, DOP dal 1993, e che vede Pavia tra le province produttrici, è il Quartirolo. Appartiene alla categoria degli stracchini e ricorda per tecnologia e caratteristiche il più noto Taleggio: ha sapore leggermente acidulo, più aromatico nel progredire della stagionatura, la pasta è unita, leggermente grumosa, friabile. Antichissima è la tradizione del Gorgonzola. Le sue origini si perdono nella notte dei tempi. Si dice essere il cacio citato nel testamento di Ansperto da Biassono, arcivescovo di Milano dall´868 all´881 ma diverse sono le leggende legate alla sua nascita: una vede protagonista un giovane casaro che, attardatosi con la sua bella, avrebbe tralasciato di ultimare il lavoro della giornata. L´indomani, mescolando la cagliata del latte munto la sera con quello del mattino, il giovanotto avrebbe ottenuto un formaggio dalla pasta bianca, screziata da venature di muffa verdognola, mai conosciuto prima. Legati al territorio sono il Mascarpone, inventato tra Pavia e Lodi, e la Robiola il cui nome deriverebbe da Robbio, paese della Lomellina. Dal 1925, anno in cui venne avviato a Certosa di Pavia lo stabilimento della nota casa produttrice bolognese, il territorio è legato, nella realtà e nell´immaginario, alla crescenza nelle forme di Certosa e Certosino. Buon Appetito. |